La scadenza del Dicembre 2016 di alcune parti del protocollo di adesione della Cina all’ Organizzazione mondiale del commercio ha messo in discussione il trattamento del Paese come economia di mercato ed il relativo calcolo delle conseguenze sulle misure antidumping.
Le nuove regole utilizzerebbero la stessa metodologia antidumping per tutti i membri dell’ Organizzazione mondiale del commercio, indipendentemente dal loro status di economia di mercato, ma li classificherebbero come Paesi dove “esiste una distorsione significativa del mercato” (i prezzi non sono più basati sul livello del mercato a causa di interferenze statali)
Questo provoca una pressione enorme sui posti di lavoro e all’ interno delle imprese europee a causa della capacità di produzione eccessiva della Cina e dell’ economia sovvenzionata, soprattutto nel settore dell’ acciaio.
L’ Unione europea sta cercando di contrastare la concorrenza sleale del Paese cinese in modo conforme alle norme dell’ Organizzazione mondiale del commercio attraverso norme più severe.
Queste ultime dovranno prevedere:
- la conformità del paese esportatore alle norme internazionali in materia di lavoro, fiscalità ed ambiente
- misure discriminatorie potenziali contro gli investimenti esteri
- il diritto effettivo delle società
- i diritti di proprietà ed il regime fiscale e fallimentare
- una relazione dettagliata, rilasciata dall’ Unione europea, in grado di descrivere la situazione specifica in un determinato paese o settore per il quale verrà applicato il calcolo dei dazi
- non saranno previsti alcun onere aggiuntivo di prova alle imprese europee in caso di antidumping.
“Le imprese europee meritano una migliore protezione dalle pratiche commerciali scorrette, che mettono a repentaglio i posti di lavoro e gli investimenti in tutta l’ Europa.
Il commercio globale sarà solamente un vantaggio se tutti noi giochiamo secondo le regole.
Creando norme chiare e severe contro il dumping possiamo proteggere i cittadini dagli effetti negativi della globalizzazione”