Discorso del Presidente del Parlamento europeo al Consiglio europeo

Il ritardo con cui l’ Europa si è accorta dei rischi della crisi migratoria, e il tempo perso prima di dare risposte concrete, ha creato nei nostri cittadini l’impressione che la politica europea non sia in grado di governare questo fenomeno.

E’ una percezione, certo, ma dobbiamo farcene carico.

Qualcuno ha approfittato della situazione, alimentando le paure dei cittadini e costruendo una narrativa anti-europea che ha fatto presa in molti Paesi dell’ Unione europea. La percezione del “pericolo-immigrazione”domina ancora l’agenda politica in alcuni Stati membri.

L’analisi dei fatti ci impone però di essere lucidi. L’azione dell’ Unione europea ha permesso di apportare alcune soluzioni che si sono rivelate efficaci, anche se temporanee.

Gli arrivi attraverso la rotta balcanica sono stati praticamente azzerati dopo l’accordo con la Turchia.

Grazie ai fondi europei e alla cooperazione con il Niger, i flussi di immigrati irregolari verso la Libia e l’ Europa sono scesi da 300.000 nel 2016 a poco più di 10.000. In Italia gli sbarchi si sono ridotti dell’ 80%. La diminuzione arriva al 95% a livello dell’ Unione. Certo, rimane il problema dei richiedenti asilo già presenti sul suolo europeo.

Questo va spiegato ai cittadini e la propaganda di chi alimenta paure e malcontento ripetendo che l’Europa non ha fatto nulla, va contrastata con forza. Dobbiao insistere, nella nostra comunicazione politica, sul fatto che la riduzione dei flussi è la diretta conseguenza dell’ azione dell’ Unione e dell’impiego di risorse comuni.

Tuttavia, dobbiamo essere coscienti che questi acordi sono fragili e rispondono a logiche di breve periodo.

Senza dubbio, servono maggiori risorse, che debbono venire dall’ attuale Quadro finanziario e da quello futuro.

Va aumentato in maniera considerevole il fondo fiduciario per l’Africa. Ai 3 miliardi già spesi, ne vanno aggiunti altri 3, così come si è fatto per il corridocio balcanico. Senza nuove risorse non potremmo continuare a cooperare con Paesi chiave nel Sahel, nel Corno d’Africa e in Nord Africa.

Così come servono almeno 40 miliardi per un Piano Marshall che mobiliti 400/500 miliardi di investimenti, dando prospettive agli africani nella loro terra e facilitando gli accordi di rimpatrio.

Questo, io credo, sia assolutamente necessario perchè se non consolidiamo e rafforziamo la nostra azione, corriamo il rischio di mandare in fumo quanto di buono abbiamo fatto finora.

Come ho già avuto modo di sottolineare a Giugno, un approccio strategico e di lungo periodo non può prescindere da un’azione comune in Libia, dove l’assenza di controllo del territorio da parte delle autorità è all’origine dei flussi migratori incontrollati, oltre che terreno fertile per il terrorismo e il traffico di armi e di droga. L’insicurezza e l’instabilità che ne derivano hanno conseguenze devastanti per la regione, per i Paesi del Mediterraneo e, in ultima analisi, per tutta l’Unione.

La scorsa settimana ho incontrato i Sindaci di due grandi città libiche, Tripoli e Zintan. Entrambi mi hanno rivolto una accorata richiesta: i singoli Paesi europei smettano di sostenere l’una o l’altra fazione, minando una situazione già molto fragile. La cacofonia europea lascia campo libero a Russia, Egitto, Emirati Arabi, e a tutti i Paesi che promuovono i loro interessi. Dobbiao porre fine a questa situazione.

E’ tepo che l’Unione europea cominci a parlare con una voce sola, e sostenga con forza il processo politico guidato dalle Nazioni Unite per la riconciliazione e la costruzione di uno Stato deocratico in Libia.

Riforma del Sistema europeo di Asilo

Credo che sia chiaro a tutti come non possa esservi una soluzione duratura al problema dei flussi migratori senza una riforma del sistema europeo dell’ asilo, basata su una ripartizione più equa degli oneri tra tutti i Paesi.

Molti cittadini, non solo nel Sud dell’ Europa, avvertono come un’ingiustizia il sistema attuale, che obbliga i Paesi di prima accoglienza a trattare le domande d’asilo e a farsi carico dei richiedenti. Basti pensare che delle 650.000 richieste di asilo presentate nell’ Unione europea nel 2017, 416.000 sono state introdotte in soli tre Stati: Germania, Italia e Francia.

Essi vorrebbero una ripartizione più bilanciata di questi oneri tra i Paesi dell’ Unione. Non è più una questione tra Governi. Sono i popoli maggiormente toccati dal fenomeno migratorio che chiedono solidarietà agli altri popoli europei.

Prendo atto del fatto che alcuni Stati Membri non sono pronti ad accettare la ripartizione obbligatoria. Ma credo che un’ Unione che si fonda sulla solidarietà e sulla cooperazione, non possa fallire proprio su un punto così cruciale.

Il senso del nostro stare insieme è anche questo: “Insieme, le cose si fanno meglio che da soli”

A nome del Parlamento vi chiedo quindi di superare questo stallo, dimostrando leadership, volontà politica e anche creatività.

La solidarietà non vuol dire solo farsi carico di una parte del problema, ma anche e soprattutto capire i bisogni degli altri e cercare sinceramente e costruttivamente di risolvere il problema. Insieme.

Essa può essere espressa in molti modi. Chi non vuole accogliere i richiedenti asilo dovrebbe poter assicurare la sua solidarietà in altro modo, per esempio aiutando finanziariamente o amministrativamente gli Stati che accolgono i profughi oppure finanziando il fondo d’Investimenti per l’Africa. Credo che la proposta messa a punto dalla Presidenza Bulgara l’anno scorso rappresentasse una buona base, e invito la Presidenza Austriaca a riprendere quella proposta.

E’ anche una questione di efficacia. Senza una riforma del sistema di Dublino volta ad aumentare l’efficienza, sarà impossibile anche convincere Paesi terzi in Africa o nei Balcani, ad accettare centri di accoglienza sul loro territorio.

Come ho constatato nella mia missione in Niger, il sistema creato funziona, a condizione che vi sia un reale sbocco in Europa o in altri Paesi, per i rifugiati accolti da questi centri. Per quanto tempo credete che le autorità nigerine accetteranno di gestire centri di accoglienza in cui entrano sempre più migranti, ma da cui non parte neanche chi ha chiaramente diritto all’asilo?

Pochi giorni fa il Primo Ministro del Montenegro invitato alla plenaria di Strasburgo, si è detto disponibile a accogliere richiedenti asilo sul suo territorio. Ma come dare seguito alla sua offerta senza un meccanismo di redistribuzione di trattamento rapido delle domande?

Nel 2016, la Commissione ha presentato sette proposte legislative per la revisione del Sistema Comune Europeo di Asilo come parte di un ampia strategia per affrontare la crisi migratoria e dei rifugiati.

Purtroppo, due anni e mezzo dopo la loro pubblicazione, dobbiamo constatare che non siamo ancora riusciti ad adottarle, sebbene tutte le Istituzioni abbiano assegnato a questo pacchetto un trattamento prioritario.

Ricordo che il Parlamento ha adottato da tempo la sua posizione negoziale su tutte le proposte del pacchetto.

Ma, mentre i negoziati sulle misure di controllo delle frontiere e gli accordi con i Paesi terzi sulla gestione della migrazione hanno potuto essere positivamente conclusi, il Consiglio non è stato ancora in grado di adottare un mandato negoziale su due delle proposte, ossia il nuovo regolamento di Dublino – pietra angolare della riforma – e il regolamento per le procedure di asilo.

Debbo dire che al Parlamento abbiamo qualche difficoltà a comprendere perché il Consiglio non applichi la regola della maggioranza qualificata, ma continui a insistere sulla ricerca di un consenso.

Non possiamo continuare ad essere ostaggio dell’unanimità. La storia dell’Unione ha mostrato che la ricerca di un consenso a tutti i costi genera paralisi. L’impasse creata dai veti incrociati si può risolvere solo se si è pronti ad accettare anche una decisione a maggioranza come previsto, non a caso, dai Trattati.

Quanto alle altre misture recentemente presentate dalla Commissione, vi informo che Parlamento europeo ha già iniziato a lavorare sulle nuove regole per il rafforzamento dell’Agenzia della Guardia Frontiera europea, con l’obiettivo di adottarle entro la fine della legislatura.  Come già in espresso in varie risoluzioni, il Parlamento condivide pienamente la proposta di adattare la struttura e il bilancio dell’Agenzia suo accresciuto mandato e di elevarne il personale a 10.000 unità entro il 2020.

Stiamo anche lavorando sulla modifica della Direttiva sui Rimpatri del 2010, proposta recentemente dalla Commissione con l’obiettivo di velocizzare il rimpatrio dei richiedenti asilo non aventi diritto, in particolare nelle zone di confine.

Il nostro obiettivo sarebbe di adottare un mandato negoziale entro la fine della legislatura e, se possibile, iniziare i triloghi.

Il Parlamento è anche pronto a lavorare in tempi stretti sugli emendamenti presentati in Settembre dalla Commissione alla sua stessa proposta (del 2016) sull’Agenzia dell’Asilo, proposta sulla quale, nel giugno 2017, era stato trovato un accordo provvisorio tra Parlamento e Consiglio.

Sicurezza interna

Negli ultimi anni, Parlamento e il Consiglio hanno adottato legislazione per rafforzare la nostra sicurezza collettiva, come nel caso dei dati dei passeggeri aerei o della legislazione sulla lotta al terrorismo. Il Parlamento auspica che questi testi giuridici e le norme in essi contenute siano ora pienamente applicati dagli Stati membri.

Detto questo, è fondamentale adeguare ulteriormente la nostra legislazione a modelli e modus operandi in costante evoluzione. In particolare, dobbiamo migliorare l’interoperabilità dei nostri sistemi di informazione e delle nostre banche dati. Sebbene siano già stati fatti molti progressi nello sviluppo dei sistemi di informazione, sono ora necessari ulteriori sforzi per fare in modo che essi possano lavorare insieme. Questo lunedì, la commissione per le Libertà Civili, la Giustizia e Affari Interni ha adottato le due relazioni sull’interoperabilità delle banche dati dell’Unione.

Il Parlamento ha anche iniziato a lavorare su nuove misure per prevenire la diffusione di contenuti terroristici online, con l’intendimento di adottarle il prima possibile.

Infine, stiamo esaminando le iniziative della Commissione volte ad estendere le competenze del Procuratore Europeo agli Atti terroristici transfrontalieri.

Quanto alla lotta contro la disinformazione e le fakes news, mi rallegro che il Consiglio Europeo consideri la protezione del sistema democratico una priorità. In effetti, abbiamo bisogno di un’azione immediata per proteggere le elezioni europee da attacchi informatici o da interferenze. Il momento di agire è ora, prima della prossima tornata elettorale. Non possiamo rimanere inerti dinnanzi al fatto che il diritto dei nostri cittadini di scegliere liberamente e con cognizione di causa i loro rappresentanti è in pericolo.

Abbiamo tutti letto con preoccupazione alcuni rapporti recenti che confermano l’ingerenza russa nelle elezioni negli Stati Uniti. Ma non sono solo le azioni di Paesi terzi che dobbiamo affrontare in materia di interferenze elettorali. Sono anche quelle di attori privati, come ha dimostrato lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica. Lo sviluppo di tecniche come il profiling, gli algoritmi e il micro-targeting degli elettori, basati sul trattamento illecito di dati personali, rappresenta una minaccia per l’equità e la democraticità dei processi elettorali.

Ci stiamo attrezzando per affrontare questo rischio attraverso l’azione su diversi fronti, dal Codice di Condotta per le piattaforme sociali e i motori di ricerca, alle misure di trasparenza per i partiti politici e la pubblicità politica, comprese le misure volte a rafforzare la protezione contro gli attacchi informatici.

Come sapete, dopo ampie consultazioni, la Commissione ha presentato delle proposte per un Approccio Europeo contro la disinformazione, basato su una prima fase di autoregolamentazione, seguita da una valutazione. In una seconda fase e sulla base delle conclusioni di tale valutazione, potrebbero essere adottate misure normative per superare eventuali fallimenti.

Il Codice di Condotta europeo sulla disinformazione è il risultato di questa prima fase di autoregolamentazione. E’ entrato in vigore poche settimane fa, ed è stato firmato dalle principali piattaforme, quali Facebook, Google, Mozilla e Twitter.

Le ulteriori misure, che il Parlamento giudica positivamente,  annunciate in questo pacchetto comprendono il sostegno alla creazione di una rete europea indipendente di fact-checkers (verificatori dei fatti) e, successivamente, di una piattaforma online europea sicura sulla disinformazione da usare come segnalatori attendibili, nonché la promozione di sistemi online volontari che permettano l’identificazione di coloro che forniscono le informazioni.

Il Parlamento sostiene anche la proposta della Commissione di rafforzare la protezione dei dati personali nel contesto delle elezioni europee prevedendo l’imposizione di sanzioni ai danni dei partiti politici europei e delle fondazioni, per la violazione delle regole di protezione dei dati allo scopo di influenzare deliberatamente i risultati delle elettorali. I partiti politici e altri attori dovrebbero astenersi dal profiling politico.

Dopo una serie di audizioni approfondite, incominciate con l’incontro della Conferenza dei Presidenti con Mark Zuckerberg, il Parlamento adotterà la settimana prossima una risoluzione sull’uso dei dati degli utenti di Facebook da parte di Cambridge Analytica e sull’impatto sulla protezione dei dati.

Oltre a sostenere il pacchetto di misure della Commissione sulle elezioni europee, la risoluzione suggerisce agli Stati membri di introdurre un sistema obbligatorio di “impronte digitali” per campagne elettorali e pubblicità digitali al fine di garantire trasparenza e responsabilità. La risoluzione ritiene inoltre che gli Stati membri dovrebbero condurre, con il sostegno di Eurojust, indagini sulla disinformazione diffusa da forze straniere. Infine, invita la Commissione a esaminare le violazioni della protezione dei dati in relazione alla politica di concorrenza.

Al di là di quanto si sta facendo in questa materia a livello di Unione europea, credo che sia importante ricordare agli Stati membri che sono loro gli unici competenti per l’organizzazione e lo svolgimento delle elezioni, comprese le elezioni europee. Vi chiedo quindi, a nome del Parlamento, di fare tutto il possibile per contrastare le interferenze di qualsiasi tipo, la disinformazione online e la manipolazione, che potrebbero compromettere la democraticità delle prossime elezioni europee.

Potete contare, in questo, sul pieno sostegno del Parlamento europeo.

Quadro Finanziario Pluriannuale

Quanto al Quadro Finanziario Pluriannuale, vorrei informare il Consiglio europeo del fatto che il Parlamento ha deciso di presentare cifre esplicite sui programmi settoriali nel suo rapporto interinale di novembre, cifre basate su priorità politiche ben precise.

Voglio sottolineare che la posizione del Parlamento sul livello generale del bilancio dell’Unione Europea, l’1.3 % del Reddito Nazionale Lordo UE-27, non è una cifra a caso, ma è la risultante di priorità politiche, basate sui bisogni reali dei cittadini europei: è una risposta alla domanda su quale Europa vogliamo per il futuro.

Perciò abbiamo bisogno di nuove idee e nuove soluzioni, come il nuovo sistema di risorse proprie. E’ chiaro che questo tipo di soluzione non può aumentare l’onere per i cittadini dell’Unione e delle PMI. In altre parole, il nuovo sistema di risorse proprie dovrebbe ridurre, e non incrementare, i contributi degli Stati membri.

Come sapete, per il Parlamento è necessario che entrate e uscite vengano trattate come un unico pacchetto durante i prossimi negoziati. Per questo, ribadisco che nessun accordo sul prossimo QFP potrà essere raggiunto senza che ad esso corrispondano progressi nell’ambito delle risorse proprie dell’Unione.

La crescente incertezza, a livello globale ed europeo, porterà ad attribuire sempre più importanza alla flessibilità del bilancio europeo. Per questo motivo, ogni tentativo volto a limitare gli esistenti strumenti di flessibilità non avrà il sostegno del Parlamento.

Il metodo secondo cui “nothing is agreed until everything is agreed” rappresenterà un principio chiave per il Parlamento Europeo.

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