Consiglio europeo: discorso del Presidente Antonio Tajani

Questa riunione del Consiglio europeo sarà ricordata per lungo tempo, ma non sappiamo ancora se in bene o in male. Questo dipenderà da noi, e dalle risposte che sapremo dare alle preoccupazioni più urgenti dei nostri cittadini, in particolare a quelle sulle crisi migratorie, che stanno mettendo a dura prova la nostra cooperazione e la nostra determinazione a lavorare insieme.

La questione è complessa e rappresenta una sfida particolarmente difficile, dato che siamo di fronte ad interessi nazionali contrastanti

I cittadini guardano all’Unione europea e si aspettano che assolva al proprio compito primario: quello di trovare soluzioni comuni a problemi comuni, anche (e soprattutto) quando gli interessi nazionali sono divergenti.

Non vi è cittadino europeo, io credo, che non auspichi ad una soluzione comune. Soluzioni unilaterali sono per definizione parziali, e quindi inefficaci, oltre che pericolose.

Se prevarrà la logica “dell’ognuno per sé”, non sarà solo il sistema di Schengen ad essere a rischio: la credibilità stessa del nostro progetto comune subirà un colpo fatale, dal quale sarà difficile risollevarsi.

Sul versante esterno del problema migratorio, dove c’è maggiore consenso, si dovranno adottare oggi varie misure concrete. Sul piano interno, dove vi sono più divergenze, dobbiamo lavorare per ridurre la distanza tra le diverse posizioni e ricercare soluzioni di compromesso accettabili per tutti.

I cittadini europei sono divisi tra lo slancio umanitario e la paura di flussi migratori incontrollati.

In questa situazione, la prima cosa da fare è fermare le partenze dai paesi di transito e dalle coste africane, facendo arrivare in modo sicuro in Europa solo chi ha davvero diritto all’asilo.

I nostri cittadini vogliono un’Unione che sia solidale con chi fugge da persecuzioni e guerre e che sia ferma con coloro che non hanno diritto di entrare o restare in Europa.

Vorrei ribadire qui che la nostra Unione si fonda sui valori fondamentali, sul il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Tutte le nostre decisioni, qualsiasi esse siano, dovranno essere prese nella consapevolezza che al centro del dibattito ci siano esseri umani.

Detto questo, dobbiamo anche considerare che i cittadini europei hanno il diritto di sentirsi protetti e vogliono un’Unione capace di garantire frontiere sicure e pieno controllo dei flussi  migratori.

La priorità assoluta, quindi, è quella di chiudere le rotte mediterranee.

Sull’esempio dell’intesa con la Turchia, che ha permesso di chiudere la rotta balcanica, dobbiamo investire almeno 6 miliardi per raggiungere questo risultato.

Il Commissario europeo al bilancio e le risorse umane ha già indicato che questa cifra è realistica e possibile. Queste risorse servono immediatamente per continuare e rafforzare la cooperazione con i paesi di transito e aiutar loro a proteggere i propri confini. In particolare, è urgente rafforzare la cooperazione con la Libia. Dobbiamo sostenere gli sforzi dei singoli Stati africani per combattere i trafficanti e assicurare il controllo delle coste tramite un rafforzamento della guardia costiera. Occorre impedire agli scafisti di fare profitto sulla pelle dei più deboli.

Solo tra il 2014 e il 2017 almeno 13.000 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo, senza contare le decine di migliaia di morti nel deserto del Sahara.

Chi ha veramente bisogno di asilo non può essere lasciato in balia di trafficanti senza scrupoli.

È necessario quindi istituire centri di protezione e accoglienza gestiti dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea nel maggior numero possibile di paesi di transito africani, sull’esempio di quanto si sta facendo in Niger.

Questi centri devono essere stabiliti lungo le principali rotte percorse dai richiedenti asilo in Africa, organizzandoli lungo “corridoi dell’asilo” che permettano a chi fugge da persecuzioni o guerre di trovare assistenza e di poter richiedere una protezione internazionale, senza doversi mettere nelle mani dei trafficanti o rischiare la morte nel deserto o in mare.  In questi centri di protezione si provvederebbe ad esaminare rapidamente la situazione di ciascun migrante e determinarne lo status giuridico. Le persone che hanno diritto all’asilo verrebbero trasferite in maniera sicura, in Europa o altrove, e distribuite equamente attraverso progetti di reinstallazione gestiti dall’alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, come già avviene per i campi in Turchia, Giordania o Libano.

Va quindi rafforzata la nostra cooperazione, anche in termini finanziari, con l’alto commissariato per i rifugiati e con l’organizzazione internazionale per le migrazioni.

Dobbiamo lavorare con la Libia, naturalmente, ma anche con altri paesi quali Niger, Mauritania, Mali, Ciad, Tunisia, Marocco e Algeria e fornire assistenza tecnica, aiuti finanziari e investimenti tramite forme di diplomazia economica.

A metà luglio mi recherò in Niger, paese chiave e snodo dei flussi migratori guidando anche una missione di diplomazia economica con imprenditori europei.

Il fondo europeo di emergenza per l’Africa  ha già permesso di approvare programmi per 3 miliardi sui 3.4 disponibili per il Corno d’Africa, Nord Africa, Sahel e Lago Ciad per migliorare la gestione dei flussi migratori e il controllo delle frontiere. La prova che questo approccio funziona è che dal 2016 al 2018 i flussi di transito dal Niger sono passati da 150.000 a 5.000 migranti l’anno. Ma per continuare e rafforzare questa azione servono subito nuove risorse.

Nel medio periodo è indispensabile un’ azione europea di stabilizzazione della Libia e di assistenza alla ricostruzione di uno Stato col quale trattare, anche in considerazione del fatto che qualche responsabilità nell’ attuale instabilità di quel paese ce l’abbiamo.

In quest’ottica, mi recherò a breve in Libia per discutere il ruolo che il Parlamento europeo possa avere in questo processo e nella futura organizzazione di elezioni democratiche. Siamo pronti a mettere a disposizione risorse e competenze, anche nel quadro di una conferenza che riunisca al Parlamento tutte le parti interessate, se necessario.

La seconda grande linea di azione dev’essere quella della protezione delle nostre frontiere esterne.

Ho seguito con interesse le varie proposte che si sono discusse in questi giorni.

Innanzitutto, è fondamentale aumentare gli effettivi della guarda costiera europea che dovrebbero raggiungere i 10.000 uomini entro il 2020. È altresì urgente la sua trasformazione in una vera e propria polizia di frontiera, al fine di permettere l’ampliamento delle sue competenze e capacità di azione, anche per quel che riguarda i rimpatri.

Il Parlamento sostiene anche la proposta di trasformare l’Ufficio Europeo di Supporto all’Asilo in un’ agenzia dell’Unione europea. Questa agenzia va dotata di risorse adeguate e incaricata anche dell’esame diretto delle domande di asilo, provenienti sia dall’interno che dall’esterno dell’Unione europea.

Una stretta cooperazione tra polizie europee è inoltre indispensabile per contrastare l’azione dei trafficanti, cosi come debbono proseguire le azioni di pattugliamento nel Mediterraneo.

Infine è necessario assicurare il rapido rimpatrio di coloro che non hanno il diritto di restare nell’Unione europea. La chiave di volta, in questo ambito, rimangono gli accordi di riammissione, che funzionano, ma che dobbiamo concludere con un numero maggiore di paesi di origine.

Per ottenerli, dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione, compresi maggiori investimenti, diplomazia economica e politica commerciale (tramite forme di condizionalità), puntando anche su quote di immigrazione legale, sul modello dei già esistenti accordi di mobilità.

Sono convinto che, se riusciremo a registrare progressi in questi ambiti, anche la riforma del diritto d’asilo sarà più facile.

Quest’ultima resta il punto focale del problema. Occorre prendere atto pragmaticamente del fatto che il sistema di Dublino è stato concepito per situazioni di normalità e non è in grado di reggere ad una pressione migratoria di queste proporzioni. Siamo tutti d’accordo, anche se per ragioni diverse, che vada cambiato rapidamente.

L’onere imposto ai paesi di prima accoglienza è eccessivo. Alla prova dei fatti, risulta evidente come essi non siano in grado di prendere in carico, da soli, un numero così elevato di persone. Questo onere deve essere quindi condiviso.

D’altra parte, è un fatto che alcuni paesi siano riluttanti ad accettare un principio di redistribuzione obbligatoria, se non hanno la garanzia che i flussi migratori siano posti definitivamente sotto controllo.

Vi è poi il problema degli spostamenti secondari che, voglio sottolinearlo, è anch’esso conseguenza dell’attuale sistema di Dublino. Anche la soluzione a questo problema sta nella riforma del sistema d’asilo.

Il Parlamento auspica quindi una rapida approvazione di tutto il pacchetto asilo.

Ricordo che il Consiglio ha adottato una posizione comune soltanto su cinque delle sette misure presentate dalla Commissione. In effetti, queste cinque proposte del pacchetto sono già in stato di negoziato avanzato. Il Parlamento, dunque, non ha perso tempo.

Ma anche sugli altri due più controversi dossier, il Regolamento di Dublino e quello sulle procedure d’asilo, il Parlamento ha già votato a novembre del 2017, a larga maggioranza, un testo di riforma che, come vi ho scritto recentemente, può costituire una buona base di discussione.

Sta a voi ora trovare una posizione comune anche su queste due proposte e aprire i negoziati quanto prima.

Noi siamo pronti e sono convinto che i compromessi necessari si possano trovare. L’alternativa è deludere i cittadini europei e dare un’immagine di Europa incapace di trovare soluzioni comuni. Per il Parlamento, il punto fermo è che si introduca un meccanismo di solidarietà. Questo meccanismo può essere di varia natura, a patto che sia efficace e che funzioni.

Dobbiamo anche affrontare alla radice il problema dei flussi migratori. Entro il 2050 la popolazione africana raddoppierà, superando i 2,5 miliardi. Se non interveniamo subito, le attuali centinaia di migliaia di migranti diventeranno milioni, con conseguenze devastanti per l’Europa a causa di instabilità e insicurezza in vaste aree dell’Africa e del Medio oriente, oltre al terrorismo, la povertà, le carestie e i cambiamenti climatici.

E’ necessario che nel prossimo bilancio si finanzi un Piano di investimento per l’Africa, che offra prospettive e speranze ai giovani africani nei loro Paesi.  È stato calcolato che servirebbero almeno 40 miliardi, per mobilitare 500 miliardi d’investimenti nel prossimo decennio.

Per concludere su questo punto permettetemi, da romano, una citazione di Tito Livio: Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur: mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata.

Se continueremo a discutere senza trovare soluzioni, saranno l’Unione europea e i suoi valori ad essere espugnati. Non certo dai migranti, ma da coloro che vogliono distruggere tutto ciò che abbiamo faticosamente costruito in 60 anni.

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Anche nel caso del Quadro Finanziario Pluriennale è necessario prendere urgentemente decisioni politiche per facilitare i prossimi negoziati.

E’ evidente che non possiamo andare lontano con un bilancio che rappresenta solo l’1% del prodotto nazionale lordo europeo.

Il valore del quadro finanziario, tolto il fondo europeo per lo viluppo, rappresenta infatti solo l’1,08% del prodotto nazionale lordo a 27, numeri troppo poco ambiziosi e distanti dalla proposta del Parlamento Europeo (1,3% del prodotto nazionale lordo dei 27 Stati membri).

Se questa fosse la scelta definitiva, potremo rinunciare a qualsiasi ambizione, poiché l’ambizione da sola non basta: occorre un bilancio adeguato per tradurla in pratica.

Che ne sarebbe della protezione del nostro settore agricolo, delle previsioni sugli investimenti pluriennali nelle nostre regioni, di una politica efficiente sull’immigrazione di cui abbiamo parlato, della sicurezza, della difesa e del progetto di un’Europa innovativa?

E’ per questo motivo che il Parlamento auspica, a larghissima maggioranza, un aumento delle risorse.

Sono consapevole che alcuni stati membri siano addirittura a favore di un bilancio ancora più ridotto, e chiedano che non si superi l’1% del prodotto nazionale lordo dell’Unione.  Ma non si può chiedere “più Europa” e, nel contempo, sostenere i tagli al bilancio europeo. Noi non crediamo, che sia possibile, realisticamente, “fare di più con meno risorse”.

Occorre anche riconoscere che, in molti casi, la spesa europea è più efficace, nel raggiungere gli obiettivi prefissati, di quanto non sia la spesa nazionale.

Il Parlamento ritiene che sia fondamentale per l’Europa destinare fondi alle nuove priorità, come la migrazione o l’innovazione, ma non possono essere le politiche tradizionali a farne le spese, né possiamo aumentare la pressione sui nostri cittadini.

Appreziamo molto la proposta sulle nuove risorse proprie che, per noi, è una delle principali soluzioni dopo l’uscita del Regno Unito, e auspichiamo che si possa presto aggiungere la tassa sulle piattaforme digitali, che il Parlamento ha fortemente caldeggiato.

Noi sosteniamo un principio molto semplice: le entrate generate dalle politiche e attività dell’Unione, devono confluire nel bilancio dell’Unione.

La scelta non è tra aumentare i contributi nazionali o introdurre nuove tasse che gravino sui cittadini: c’è tutta una gamma di possibilità e soluzioni intermedie. Dobbiamo essere creativi. Prendiamo, ad esempio, la tassa sulla plastica: in realtà non è affatto una tassa che grava sui cittadini, ma un modo per aiutare la lotta all’inquinamento e, nel contempo, aiutare anche il bilancio comunitario.

Per questi motivi, le spese e le entrate devono essere discusse parallelamente. Come sapete, questa è una conditio sine qua non per ottenere l’approvazione del Parlamento al quadro finanziario pluriennale.

Quanto al calendario, devo ripetere quanto già detto: per essere convincenti e dimostrare la nostra capacità d’azione, dobbiamo trovare un accordo e approvare un quadro finanziario pluriennale di qualità prima delle elezioni europee. Questa scadenza permetterà anche una rapida adozione di tutte le proposte settoriali e, quindi, consentirà ai nuovi programmi di iniziare il 1 gennaio 2021.

Confermo la disponibilità del Parlamento Europeo ad avviare colloqui formali o informali e iniziare i negoziati in qualsiasi momento.

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Signore e Signori,

Il ritorno delle crescita in tutti gli Stati membri è incoraggiante. Tuttavia, in molte regioni dell’Unione permane un livello di disoccupazione giovanile particolarmente alto e si allargano le diseguaglianze economiche e sociali. Dobbiamo mettere in atto tutti gli sforzi e le riforme per rafforzare la crescita e l’occupazione.

La conclusione del programma di assistenza alla Grecia è un ulteriore passo avanti verso un Unione più forte, coesa e solidale.  Il Parlamento appoggia il processo di consolidamento della crescita attraverso misure a sostegno del credito, della competitività e degli investimenti.

Lo scorso 19 giugno sono state approvate le proposte sui requisiti di capitale e i meccanismi di risoluzione delle banche. E’ un pacchetto importante per stimolare il credito all’economia reale grazie ad un migliore bilanciamento tra stabilità e crescita. Auspico che si possa giungere quanto prima ad un accordo con il Consiglio che, anche sulla base di un percorso parallelo di riduzione e condivisione dei rischi, possa facilitare il completamento dell’unione bancaria e del mercato dei capitali.

Una giusta tassazione per le imprese europee rimane una nostra priorità.

Il 15 marzo è stata votata una risoluzione per un’aliquota minima per le società, chiedendo che siano tassate dove creano valore. Mi auguro che si trovi al più presto un accordo per recuperare la base imponibile nascosta da accordi di favore con multinazionali o giganti del web.

In aggiunta, voglio ricordare che il Parlamento europeo si è battuto sin dall’inizio per una governance economica più efficiente, trasparente e democratica.

Condividiamo le proposte per un’ accresciuta capacità fiscale dell’Unione, per un ministro delle finanze europeo e per la trasformazione del meccanismo europeo di stabilità in un fondo monetario europeo, a patto che questo sforzo di riforma si incentri sul metodo comunitario.

Il Parlamento chiede riforme utili per rafforzare la crescita, l’occupazione, il processo di convergenza e strumenti di contrasto efficaci per gestire crisi economiche e bancarie.

Per favorire la competitività abbiamo bisogno di completare il mercato unico.

Importanti progressi sono stati compiuti per quanto riguarda il mercato unico dell’energia. Gli accordi raggiunti in questo mese tra Parlamento e Consiglio su efficienza energetica e fonti rinnovabili offrono un quadro di regole solido per coniugare le esigenze delle imprese con quelle dell’ambiente. Dobbiamo stimolare gli investimenti in energia sostenibile, capaci allo stesso tempo di creare lavoro e nuove tecnologie che ci pongono all’avanguardia nel mondo. In questo contesto, il Parlamento auspica che si possano concludere quanto prima anche i negoziati sul completamento del mercato elettrico.

Il Parlamento sta anche lavorando per completare il mercato unico digitale.

Come per il roaming, considero molto positivo l’accordo raggiunto, ad inizio giugno, sul codice delle telecomunicazioni, che consentirà lo sviluppo di nuovi servizi, incentivando la competitività del mercato e garantendo costi telefonici meno costosi ai cittadini. Vi informo anche che la settimana scorsa il Parlamento ha approvato il mandato negoziale sulla riforma del copyright. Salvo imprevisti, verrà confermarto la settimana prossima. Si tratta di un primo passo per affrontare le sfide derivanti da internet. Nell’era digitale dobbiamo proteggere i nostri autori, assicurando nel contempo un ampio accesso al contenuto creativo e la libertà di espressione. Il valore aggiunto generato dovrebbe andare a beneficio di chi lo ha creato, e non solo ai giganti del Web.

Poche settimane fa Parlamento, Consiglio e Commissione hanno raggiunto un accordo sulle norme per l’archiviazione e il trattamento dei dati ovunque nell’Unione europea. Le nuove norme, grazie alla libera circolazione transfrontaliera dei dati, consentiranno la creazione di un’economia dei dati competitiva, capace di stimolare una crescita fino al 4% del prodotto interno lordo.

Infine, il 31 maggio il Parlamento ha dato mandato per i negoziati sulla protezione civile europea. Questo è un segnale importante di attenzione verso i nostri cittadini colpiti da calamità. Ci auguriamo che i negoziati siano rapidi e fruttuosi.

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Oggi discuterete anche di difesa.

Sono molto soddisfatto dell’accordo raggiunto a fine maggio sul programma di sviluppo industriale della difesa europea.  E’ un passo importante per sostenere la competitività e la capacità di innovazione dell’industria della difesa europea.

Per la prima volta si è creata una linea di bilancio dedicata alla difesa: si tratta di un passo avanti cruciale per la sicurezza dei cittadini dell’Unione.

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Come sapete il 13 giugno sono state adottate posizioni negoziali per i prossimi triloghi informali sul controllo degli investimenti stranieri diretti nell’Unione europea.

E’ necessario stabilire un quadro di riferimento legislativo unico per tutti gli Stati membri, stabilite regole su come agire nel caso di investimenti sospetti e rafforzato lo scambio e la condivisione di informazione.

La proposta di controllo sugli investimenti diretti nell’Unione europea è una parte essenziale della legislazione europea.

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Per concludere, due parole sulla Brexit.

Negli ultimi mesi, abbiamo fatto progressi su parti importanti dell’accordo di uscita. Ma progressi sono urgenti anche e soprattutto sul problema dell’Irlanda e sulla governance, ma anche sulla protezione della proprietà intellettuale come le indicazioni geografiche. Per il Parlamento, senza un accordo sull’Irlanda, non ci potrà essere un’uscita ordinata, una transizione e la necessaria fiducia su cui basare la nostra relazione futura.

Voglio ribadire, per concludere, che una stretta relazione futura è nell’interesse dei 27, ma non ad ogni costo. Il Parlamento non accetterà soluzioni che metterebbero a rischio l’indivisibilità delle quattro libertà fondamentali e l’autonomia decisionale dell’Unione europea.

Siamo anche molto attenti alla piena applicazione di quanto è stato convenuto in materia di diritto dei cittadini.

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

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