Discorso del presidente Juncker sullo stato dell’ Unione 2017

Il presidente della Commissione europea ha pronunciato dinanzi al Parlamento europeo il discorso sullo stato dell’ Unione.

Dopo l’ ampio dibattito sul futuro dell’ Europa che ha coinvolto i cittadini, il Parlamento europeo, i parlamentari nazionali, le autorità locali e regionali e la società civile, il Presidente ha portato avanti le idee che ne sono scaturite ed ha espresso le sue opinioni sul futuro dell’ Europa, illustrando inoltre le sue priorità per l’ anno a venire.

Introdotto dal trattato di Lisbona, il discorso sullo stato dell’ Unione è previsto dall’ accordo quadro del 2010 sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea; tale accordo prevede inoltre che il Presidente della Commissione invii una lettera d’intenti al Presidente del Parlamento e alla Presidenza del Consiglio per illustrare nel dettaglio le azioni legislative e le altre iniziative che la Commissione intende intraprendere fino alla fine dell’ anno successivo (in questo caso il 2018)

Per approfondire: il discorso sullo Stato dell’ Unione 2017

 

IL VENTO NELLE VELE

Signor Presidente, Onorevoli deputati del Parlamento europeo,

l’anno scorso in questo stesso periodo, mi sono presentato a voi con un discorso un po’ più semplice da pronunciare.

Era evidente a tutti che la nostra Unione non viveva un momento felice.

L’Europa era stata dolorosamente colpita da un’annata che l’aveva scossa fin nelle fondamenta.

Avevamo due sole scelte: o stringerci intorno a un programma positivo per l’Europa, o ritirarci ognuno nel proprio angolo.

Di fronte a questa scelta mi sono battuto per l’unità.

Ho proposto un programma positivo che contribuisse a realizzare – come ho detto l’anno scorso – un’Europa che protegge, che dà forza e che difende.

Negli ultimi dodici mesi il Parlamento europeo ha aiutato a dar vita a questo programma. Continuiamo a fare progressi ogni giorno che passa. Proprio ieri sera eravamo impegnati a trovare un accordo sugli strumenti di difesa commerciale e raddoppiare così la capacità di investimento europea.

Vorrei ringraziare anche i 27 leader dei nostri Stati membri. Pochi giorni dopo il mio discorso dell’anno passato, hanno accolto con favore il mio programma al vertice di Bratislava. Anche loro hanno scelto l’unità. Hanno scelto di radunarsi attorno ai nostri valori comuni.

Insieme abbiamo dimostrato che l’Europa può offrire vantaggi ai suoi cittadini dove e quando conta.

Da allora non abbiamo mai cessato di rafforzarci, in modo lento ma sicuro.

Ci ha aiutato la svolta positiva delle prospettive economiche.

Siamo ormai al quinto anno di una ripresa economica che finalmente raggiunge ogni singolo Stato membro.

Negli ultimi due anni la crescita dell’Unione europea ha superato quella degli Stati Uniti. Oggi si attesta al di sopra del 2% per l’Unione nel suo insieme e al 2,2% nella zona euro.

La disoccupazione è ai livelli più bassi degli ultimi nove anni. Finora nel corso di questo mandato sono stati creati quasi 8 milioni di posti di lavoro. Nell’Unione europea lavorano 235 milioni di persone, il numero di occupati più alto mai raggiunto.

La Commissione europea non può prendersi tutto il merito, anche se sono certo che se gli 8 milioni di posti di lavoro fossero stati persi, la colpa sarebbe stata tutta nostra.

Le istituzioni europee hanno contribuito – questo sì – a far girare il vento a favore dell’Europa.

Possiamo vantare il merito del piano europeo per gli investimenti, che ha mobilitato finora 225 miliardi di euro di investimenti con prestiti a oltre 445 000 piccole imprese e più di 270 progetti di infrastrutture.

Ed è merito del nostro intervento deciso se le banche europee hanno riacquistato le capacità patrimoniali necessarie per accordare prestiti alle imprese, in modo che crescano e creino nuovi posti di lavoro.

E abbiamo anche il merito di aver fatto calare i disavanzi pubblici dal 6,6% all’1,6%, grazie a un’applicazione intelligente del Patto di stabilità e crescita. Chiediamo disciplina di bilancio ma siamo attenti a non stroncare la crescita. Malgrado le critiche, il sistema funziona di fatto molto bene in tutta l’Unione.

Sono trascorsi dieci anni da quando è esplosa la crisi e l’economia europea si sta finalmente riprendendo.

Così come la nostra fiducia.

I leader dell’Unione europea a 27, il Parlamento e la Commissione stanno riportando l’Europa nell’Unione. Insieme stiamo riportando l’unione nell’Unione.

L’anno scorso abbiamo visto tutti i 27 leader salire al Campidoglio, uno per uno, per rinnovare il loro solenne impegno reciproco e nei confronti della nostra Unione.

Tutto questo mi induce ad affermare che l’Europa ha di nuovo i venti a favore.

Abbiamo di fronte un’opportunità che non rimarrà aperta per sempre.

Sfruttiamo al massimo questo slancio, catturiamo il vento nelle nostre vele.

Per questo dobbiamo procedere in due modi.

Anzitutto dobbiamo mantenere la rotta fissata lo scorso anno. Restano 16 mesi al Parlamento, al Consiglio e alla Commissione per conseguire progressi concreti. Dobbiamo usare questo periodo per terminare ciò che abbiamo iniziato a Bratislava e realizzare il nostro programma positivo.

In secondo luogo dobbiamo fissare la rotta per il futuro. Come ha scritto Mark Twain, tra qualche anno non saremo delusi delle cose che abbiamo fatto ma di quelle che non abbiamo fatto. Il momento è propizio per costruire un’Europa più unita, più forte e più democratica per il 2025.

SEGUIRE LA ROTTA

Onorevole Presidente, Onorevoli deputati,

mentre guardiamo al futuro, non possiamo perdere la rotta stabilita.

Abbiamo deciso di completare un’Unione dell’energia, un’Unione della sicurezza, un’Unione dei mercati dei capitali, un’Unione bancaria e un mercato unico digitale. Insieme siamo già arrivati a buon punto.

Come testimonia il Parlamento, la Commissione ha già presentato l’80% delle proposte promesse all’inizio del mandato. Adesso dobbiamo collaborare per trasformare queste proposte in legge e la legge in pratica.

Come sempre, dovremo scendere a qualche compromesso. Le proposte della Commissione destinate a riformare il sistema comune di asilo e rafforzare le norme sul distacco dei lavoratori hanno suscitato controversie. Per ottenere buoni risultati occorre che ognuna delle parti faccia un passo verso l’altra. Oggi vengo a dirvi che, fintanto che il risultato finale è quello giusto per l’Unione ed è equo per tutti gli Stati membri, la Commissione sarà disposta a negoziare.

Siamo pronti a presentare il rimanente 20% delle iniziative da qui a maggio 2018.

Questa mattina ho inviato al Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e al Primo ministro Jüri Ratas una lettera d’intenti in cui espongo le priorità per il prossimo anno.

Senza elencare qui tutte le nostre proposte, ne citerò cinque di particolare importanza.

In primo luogo voglio che rafforziamo l’agenda commerciale europea.

Sì, l’Europa è aperta agli affari, ma dev’esserci reciprocità. Dobbiamo ricevere quanto diamo.

Il commercio non ha nulla di astratto. Il commercio rappresenta posti di lavoro e creazione di nuove opportunità per le grandi e piccole imprese europee. Ogni miliardo di esportazioni in più sostiene 14 000 nuovi posti di lavoro in Europa.

Il commercio è anche esportazione dei nostri standard, che siano norme sociali o ambientali, obblighi in materia di protezione dei dati o di sicurezza alimentare.

Da sempre l’Europa è un luogo propizio alle attività imprenditoriali.

Ma dall’anno scorso partner di tutto il mondo si mettono in fila alle nostre porte per concludere con noi accordi commerciali.

Con l’aiuto del Parlamento europeo abbiamo appena concluso un accordo commerciale con il Canada che si applicherà in via provvisoria dalla prossima settimana. Abbiamo un accordo politico con il Giappone su un nuovo partenariato economico e buone probabilità di ottenere lo stesso risultato con il Messico e paesi dell’America meridionale entro la fine dell’anno.

E oggi proponiamo di avviare negoziati commerciali con l’Australia e la Nuova Zelanda.

Voglio che tutti questi accordi siano conclusi entro la fine del mandato. E voglio che le trattative siano condotte con assoluta trasparenza.

L’apertura commerciale deve andare di pari passo con l’apertura del processo decisionale.

Su tutti gli accordi commerciali l’ultima parola spetterà al Parlamento europeo. Quindi i suoi membri, così come i membri dei parlamenti nazionali e regionali, devono ricevere tutte le informazioni fin dal primo giorno dei negoziati. La Commissione farà in modo che questo avvenga.

Da oggi in poi la Commissione pubblicherà per intero tutti i progetti di mandato negoziale che propone al Consiglio.

I cittadini hanno il diritto di sapere cosa propone la Commissione. Basta con la mancanza di trasparenza. Sono finiti i giorni delle voci incontrollate, delle continue ipotesi su quali fossero le motivazioni della Commissione.

Esorto il Consiglio a fare lo stesso quando adotta i mandati negoziali definitivi.

Lo ripeto una volta per tutte: il nostro sostegno al libero scambio è tutt’altro che ingenuo.

L’Europa deve sempre difendere i suoi interessi strategici.

È per questo che oggi proponiamo un nuovo quadro dell’Unione europea per il controllo degli investimenti. Se società estere di proprietà statale intendono acquistare un porto europeo, parte di una nostra infrastruttura energetica o un’azienda del settore delle tecnologie di difesa, dovrebbero poterlo fare solo se in modo trasparente, con le dovute valutazioni e discussioni. È nostra responsabilità politica sapere cosa succede a casa nostra per poter proteggere, se necessario, la nostra sicurezza collettiva.

In secondo luogo voglio rendere la nostra industria più forte e più competitiva.

Questo vale soprattutto per la nostra base manifatturiera e per i 32 milioni di lavoratori che ne formano l’ossatura, fabbricando i prodotti di eccellenza che danno prestigio all’Europa nel mondo, come le automobili.

Sono orgoglioso della nostra industria automobilistica. Ma sono profondamente turbato quando i consumatori vengono intenzionalmente e deliberatamente imbrogliati. Quindi esorto l’industria automobilistica a gettare la maschera e a raddrizzare la rotta. Invece di cercare espedienti, dovrebbe investire nelle automobili pulite del futuro.

La nuova strategia di politica industriale che presentiamo oggi intende aiutare le nostre industrie a rimanere o diventare leader mondiali dell’innovazione, della digitalizzazione e della decarbonizzazione.

In terzo luogo voglio che l’Europa si ponga alla guida della lotta contro i cambiamenti climatici.

L’anno scorso abbiamo fissato le regole del gioco a livello globale con l’accordo di Parigi, ratificato proprio qui, in quest’aula. Di fronte al crollo delle ambizioni degli Stati Uniti, l’Europa farà in modo di rendere nuovamente grande il nostro pianeta. È patrimonio comune di tutta l’umanità.

Tra breve la Commissione presenterà proposte per ridurre le emissioni di carbonio nel settore dei trasporti.

 La quarta priorità per il prossimo anno: dobbiamo proteggere meglio gli europei nell’era digitale.

Negli ultimi tre anni abbiamo fatto progressi offrendo agli europei sicurezza online. Le nuove norme presentate dalla Commissione proteggeranno la nostra proprietà intellettuale, la nostra diversità culturale e i nostri dati personali. Abbiamo intensificato la lotta contro la propaganda terroristica e la radicalizzazione online. Ma di fronte agli attacchi informatici l’Europa non è ancora ben attrezzata.

Per la stabilità delle democrazie e delle economie i ciberattacchi possono essere più pericolosi delle armi e dei carri armati. Solo l’anno scorso vi sono stati più di 4 000 attacchi di tipo ransomware al giorno, mentre l’80% delle imprese europee ha subito almeno un incidente di sicurezza informatica.

I ciberattacchi non conoscono frontiere e nessuno ne è immune. Per aiutarci a difenderci la Commissione propone oggi nuovi strumenti, tra cui un’agenzia europea per la cibersicurezza.

In quinto luogo la migrazione deve restare nei nostri radar.

Malgrado le discussioni e le controversie sollevate dall’argomento, siamo riusciti a compiere progressi concreti, anche se, lo ammetto, in molti aree insufficienti.

Oggi proteggiamo più efficacemente le frontiere esterne dell’Europa. Più di 1 700 agenti della nuova guardia di frontiera e costiera europea aiutano 100 000 guardie di frontiera nazionali degli Stati membri a pattugliare territori in Grecia, Italia, Bulgaria e Spagna. Abbiamo frontiere comuni ma gli Stati membri che si trovano geograficamente in prima linea non possono essere lasciati soli a proteggerle. Le frontiere comuni e la protezione comune devono andare di pari passo.

Siamo riusciti ad arginare flussi irregolari di migranti che erano fonte di grave preoccupazione per molti. Abbiamo ridotto del 97% gli arrivi irregolari nel Mediterraneo orientale grazie all’accordo con la Turchia. E quest’estate siamo riusciti a controllare meglio la rotta del Mediterraneo centrale: ad agosto gli arrivi sono scesi dell’81% rispetto allo stesso mese dello scorso anno.

In questo modo abbiamo nettamente ridotto le perdite di vite umane nel Mediterraneo.Quest’anno sono morte 2 500 persone: una tragedia. Non accetterò mai che si lascino morire in mare degli esseri umani.

Non posso parlare di migrazione senza rendere un omaggio sentito all’Italia per il suo nobile e indefesso operato. Quest’estate la Commissione ha di nuovo lavorato gomito a gomito con il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il suo governo per migliorare la situazione, in particolare addestrando la guardia costiera libica. Continueremo a offrire all’Italia un forte sostegno operativo e finanziario. Perché l’Italia sta salvando l’onore dell’Europa nel Mediterraneo.

Urge poi migliorare le condizioni di vita dei migranti in Libia. Sono inorridito dalle condizioni disumane dei centri di detenzione e di accoglienza. L’Europa ha una responsabilità collettiva e la Commissione lavorerà di concerto con le Nazioni Unite per porre fine a questo scandalo, che non si può tollerare.

Anche se mi rattrista constatare che la solidarietà non è condivisa equamente tra tutti gli Stati membri, l’Europa nel suo insieme ha continuato a dimostrare solidarietà. Solo nell’ultimo anno i nostri Stati membri hanno reinsediato e dato asilo a più di 720 000 rifugiati: il triplo rispetto agli Stati Uniti, al Canada e all’Australia messi insieme. Al contrario di quanto dice qualcuno, l’Europa non è una fortezza né dovrà mai diventarlo. L’Europa è e deve rimanere il continente della solidarietà dove possono trovare rifugio coloro che fuggono le persecuzioni.

Vado particolarmente fiero dei giovani volontari europei che danno lezioni di lingua ai rifugiati siriani e delle migliaia di giovani che prestano servizio nel nuovo Corpo europeo di solidarietà, perché rendono viva la solidarietà europea.

Ora dobbiamo raddoppiare il nostro impegno. Entro fine mese la Commissione presenterà una nuova serie di proposte incentrate sul rimpatrio, sulla solidarietà nei confronti dell’Africa e sull’apertura di percorsi legali.

Per quanto riguarda il rimpatrio, chi non ha titolo a rimanere in Europa dev’essere rinviato nel paese di origine. Poiché solo il 36% degli immigrati irregolari è rimpatriato, è chiaro che dobbiamo intensificare di molto il nostro lavoro. Solo in questo modo l’Europa potrà essere solidale nei confronti dei rifugiati con reali esigenze di protezione.

La solidarietà non può valere soltanto all’interno dell’Europa. Dobbiamo anche dimostrare solidarietà nei confronti dell’Africa. L’Africa è un continente nobile e giovane, la culla dell’umanità. Il Fondo fiduciario Unione europea-Africa, con una dotazione di 2,7 miliardi di euro, sta creando opportunità di lavoro in tutto il continente. La maggior parte di questo finanziamento proviene dal bilancio dell’UE, contro un contributo di soli 150 milioni di euro della totalità degli Stati membri. Il Fondo sta sfiorando i limiti. Conosciamo i pericoli della carenza di finanziamenti: nel 2015, quando il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha esaurito i fondi, molti migranti hanno preso la direzione dell’Europa. Invito tutti gli Stati membri a passare dalle parole ai fatti e a garantire che il Fondo fiduciario per l’Africa non subisca la stessa sorte.

Lavoreremo inoltre per aprire percorsi legali. La migrazione irregolare si fermerà solo se si aprirà un’alternativa reale ai viaggi perigliosi. Abbiamo reinsediato quasi 22 000 rifugiati dalla Turchia, dalla Giordania e dal Libano e personalmente sostengo l’invito dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite Filippo Grandi a reinsediare altri 40 000 rifugiati dalla Libia e dai paesi circostanti.

Allo stesso tempo la migrazione legale è una necessità per un continente europeo che sta invecchiando. Perciò la Commissione ha presentato proposte per agevolare l’ingresso in Europa dei migranti qualificati grazie alla Carta blu. Ringrazio il Parlamento per il suo sostegno e chiedo un accordo rapido e ambizioso su questo tema importante.

SPIEGARE LE VELE

Onorevole presidente, Signore e Signori, Onorevoli deputati,

ho citato solo alcune delle iniziative che dovremmo completare nei prossimi 16 mesi. Ma neanche questo basterà a riconquistare i cuori e le menti degli europei.

È giunto il momento di fissare la rotta per il futuro.

A marzo la Commissione ha presentato il Libro bianco sul futuro dell’Europa, che illustra cinque scenari su ciò che potrebbe diventare l’Europa nel 2025. Questi scenari sono stati discussi, esaminati e in parte smontati. È giusto: erano stati voluti esattamente per questo. Era mia intenzione lanciare un processo che portasse gli europei a determinare il loro percorso e il loro futuro.

Il futuro dell’Europa non può essere deciso per decreto. Dev’essere frutto di un dibattito democratico e fondamentalmente di un ampio consenso. Questo Parlamento vi ha contribuito attivamente con tre ambiziose risoluzioni sul futuro dell’Europa e partecipando a molte delle oltre 2 000 manifestazioni pubbliche organizzate dalla Commissione da marzo in poi.

È giunto il momento di trarre le prime conclusioni dal dibattito. Il momento di passare dalla riflessione all’azione. Dalle discussioni alle decisioni.

Oggi vorrei presentarvi la mia visione: il mio personale “sesto scenario”, se volete.

Questo scenario affonda le radici in decenni di esperienza diretta. Ho vissuto e lavorato per il progetto europeo durante tutta la mia esistenza. Ho assistito a momenti belli e brutti.

Ho preso posto a più lati del tavolo: da Ministro, da Primo ministro, da Presidente dell’Eurogruppo e ora da Presidente della Commissione. Ero presente a Maastricht, ad Amsterdam, a Nizza e a Lisbona, via via che la nostra Unione andava sviluppandosi e ampliandosi.

Ho sempre combattuto per l’Europa. Qualche volta ho sofferto con l’Europa e per l’Europa, ho addirittura disperato.

Nella buona e nella cattiva sorte, non ho mai smesso di amare l’Europa.

Ma è raro un amore senza sofferenza.

Amo l’Europa perché l’Europa e l’Unione europea hanno conquistato qualcosa di unico in questo mondo sfibrato: la pace interna e la pace esterna; la prosperità per molti, se non ancora per tutti.

Dobbiamo ricordarcene nell’Anno europeo del patrimonio culturale. Il 2018 dev’essere una celebrazione della diversità culturale.

UN’UNIONE DI VALORI

I nostri valori sono la nostra bussola.

Per me l’Europa è più di un semplice mercato unico. È ben più del denaro, più dell’euro. È da sempre una questione di valori.

Nel mio sesto scenario vi sono tre principi che devono costituire sempre il fondamento della nostra Unione: la libertà, l’uguaglianza e lo Stato di diritto.

L’Europa è, prima di ogni altra cosa, un’Unione di libertà. Libertà dalle oppressioni e dalle dittature che il nostro continente, e purtroppo nessuno meglio dell’Europa centrale e orientale, conosce fin troppo bene. Libertà di esprimere la propria opinione da cittadini come da giornalisti, una libertà che diamo troppo spesso per scontata. Sono questi i valori su cui è costruita la nostra Europa, ma la libertà non è manna dal cielo; bisogna combattere per ottenerla, in Europa e in tutto il mondo.

In secondo luogo l’Europa deve essere un’Unione dell’uguaglianza.

Uguaglianza tra i suoi membri, grandi e piccoli, tra est e ovest, nord e sud.

L’Europa si estende da Vigo a Varna, dalla Spagna alla Bulgaria.

Da oriente a occidente: l’Europa deve respirare con entrambi i polmoni. Altrimenti al nostro continente mancherà l’aria.

In un’Unione delle uguaglianze non possono esserci cittadini di seconda classe. È inaccettabile che nel 2017 vi siano ancora bambini in Europa che muoiono per malattie che avrebbero dovuto essere debellate da tempo. I bambini in Romania o in Italia devono potersi vaccinare contro il morbillo come tutti gli altri bambini d’Europa. Non c’è ma e non c’è se che tenga. Per questo cooperiamo con tutti gli Stati membri per sostenere le campagne di vaccinazione nazionali. Non devono più esserci morti evitabili in Europa.

In un’Unione delle uguaglianze non possiamo permetterci lavoratori di seconda classe. Chi fa lo stesso lavoro nello stesso posto ha diritto alla stessa paga. La Commissione ha proposto nuove norme sul distacco dei lavoratori. Dobbiamo fare in modo che all’applicazione equa, semplice ed efficace di tutte le norme dell’UE sulla mobilità dei lavoratori provveda un organo europeo di ispezione e controllo. Sembra assurdo avere un’autorità bancaria che sovrintende alle norme bancarie, ma non un’autorità del lavoro comune, garante dell’equità nel nostro mercato unico. Ne creeremo una.

In un’Unione delle uguaglianze non possono esserci consumatori di seconda classe. Non accetterò che in alcune parti dell’Europa vengano venduti alla gente prodotti alimentari di qualità inferiore rispetto a quella di altri paesi, nonostante la confezione e il marchio siano identici. Gli slovacchi non meritano che vi sia meno pesce nei loro bastoncini, né gli ungheresi che vi sia meno carne nei loro piatti, o i cechi che vi sia meno cacao nella loro cioccolata. Le normative dell’UE vietano tali pratiche. Dobbiamo attribuire alle autorità nazionali poteri più forti per eliminare le pratiche illegali laddove sussistano.

In terzo luogo in Europa la forza della legge ha sostituito la legge del più forte.

Stato di diritto significa che la legge e la giustizia sono esercitate da una magistratura indipendente.

Accettare e rispettare una sentenza definitiva vuol dire essere parte di un’Unione fondata sullo Stato di diritto. Gli Stati membri hanno attribuito la competenza definitiva alla Corte di giustizia europea e tutti devono rispettare le sentenze della Corte. Compromettere tale principio, o compromettere l’indipendenza dei giudici nazionali, significa spogliare i cittadini dei loro diritti fondamentali.

Lo Stato di diritto non è opzionale nell’Unione europea, è un obbligo.

La nostra Unione non è uno Stato, ma una comunità di diritto.

UN’UNIONE PIU’ UNITA

Onorevoli deputati,

questi tre principi devono essere le basi su cui costruire un’Unione più unita, più forte e più democratica.

Quando si discute del nostro futuro, so per esperienza che nuovi trattati e nuove istituzioni non sono le risposte che vuole la gente. Sono solo mezzi per raggiungere uno scopo, nulla di più, nulla di meno. Possono significare qualcosa per noi, qui a Strasburgo o a Bruxelles, ma non significano molto per tutti gli altri.

Le riforme mi interessano soltanto se portano a una maggiore efficienza nella nostra Unione.

Invece di limitarci a invocare modifiche dei trattati – che sono comunque inevitabili – dobbiamo innanzitutto cambiare la mentalità dell’ “io vinco se tu perdi”.

Democrazia significa compromesso e con un giusto compromesso vincono tutti. Un’Unione più unita deve considerare il compromesso non già in chiave negativa ma come l’arte di creare ponti tra le differenze. La democrazia non può funzionare senza compromessi. L’Europa non può funzionare senza compromessi. Ed è così che deve andare il lavoro tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione.

Un’Unione più unita deve anche diventare più inclusiva.

Se vogliamo rafforzare la protezione delle nostre frontiere esterne, allora dobbiamo aprire immediatamente alla Bulgaria e alla Romania lo spazio Schengen di libera circolazione. Dobbiamo anche permettere alla Croazia di diventare un membro Schengen a pieno titolo, non appena avrà soddisfatto tutti i criteri.

Se vogliamo che unisca il nostro continente anziché dividerlo, l’euro deve diventare qualcosa di più di una moneta di un gruppo selezionato di paesi. L’euro è destinato ad essere la moneta unica dell’Unione europea nel suo complesso. Tutti i nostri Stati membri tranne due potranno e dovranno aderire all’euro non appena soddisferanno tutte le condizioni.

Gli Stati membri che vogliono adottare l’euro devono poterlo fare. Propongo perciò di istituire uno strumento di adesione all’euro che offra assistenza tecnica e anche finanziaria.

Se vogliamo che le banche operino in base alle stesse norme e sotto la stessa vigilanza nell’intero continente, dobbiamo incoraggiare tutti gli Stati membri ad aderire all’Unione bancaria. È urgente completare l’Unione bancaria. Dobbiamo ridurre i rischi che permangono nei sistemi bancari di alcuni Stati membri. L’Unione bancaria può funzionare soltanto se la riduzione dei rischi e la condivisione dei rischi procedono di pari passo. E sappiamo tutti bene che ciò sarà possibile soltanto se verranno soddisfatte le condizioni proposte dalla Commissione nel novembre 2015. Per poter accedere a un sistema comune di assicurazione dei depositi bisogna aver prima fatto i propri compiti.

Se vogliamo evitare la frammentazione sociale e il dumping sociale in Europa, gli Stati membri devono approvare il pilastro europeo dei diritti sociali il più presto possibile, al più tardi al vertice di Göteborg a novembre. I sistemi sociali nazionali rimarranno diversi e separati ancora a lungo, ma dobbiamo almeno impegnarci per un’unione delle norme sociali europee in cui vi sia una visione comune di cosa è giusto sul piano sociale.

L’Europa non può funzionare se dimentica i lavoratori.

Se vogliamo che nel nostro vicinato regni maggiore stabilità, dobbiamo mantenere prospettive di allargamento credibili per i Balcani occidentali.

È chiaro che non ci saranno altri allargamenti durante il mandato di questa Commissione e di questo Parlamento. Non ci sono candidati pronti. Ma dopo l’Unione europea sarà più grande dei suoi 27 membri. I paesi candidati all’adesione devono dare la massima priorità allo Stato di diritto, alla giustizia e ai diritti fondamentali.

Ciò esclude l’adesione della Turchia all’Unione europea nel prossimo futuro.

Da qualche tempo la Turchia si sta allontanando a grandi passi dall’Unione europea.

I giornalisti devono poter stare in sala stampa, non in prigione. Il loro posto è là dove regna la libera espressione.

Questo è il mio appello a coloro che sono al potere in Turchia: rilasciate i nostri giornalisti e non solo loro. Smettetela di insultare i nostri Stati membri paragonando i loro leader a fascisti e nazisti. L’Europa è un continente di democrazie mature. Gli insulti creano ostacoli. A volte ho la sensazione che la Turchia crei intenzionalmente questi ostacoli per poi incolpare l’Europa del fallimento dei negoziati di adesione.

Dal canto nostro, tenderemo sempre le braccia al grande popolo turco e a coloro che sono pronti a collaborare con noi sulla base dei nostri valori.

UN’UNIONE PIÙ FORTE

Onorevoli deputati,

la nostra Unione ha bisogno di diventare più forte.

Voglio un mercato unico più forte.

Per quanto riguarda le importanti questioni del mercato unico, voglio che le decisioni in sede di Consiglio vengano prese sempre più spesso e facilmente a maggioranza qualificata, con il coinvolgimento paritario del Parlamento europeo. Per farlo non serve modificare i trattati. Gli attuali trattati prevedono clausole “passerella” che permettono di passare dall’unanimità al voto a maggioranza qualificata in determinati settori previo accordo di tutti i capi di Stato o di governo.

Sono anche fortemente favorevole al passaggio al voto a maggioranza qualificata per le decisioni relative alla base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società, all’IVA, alla tassazione equa dell’industria digitale e all’imposta sulle transazioni finanziarie. L’Europa deve poter agire in maniera più rapida e decisa.

Voglio un’Unione economica e monetaria più forte.

La zona euro è più resiliente oggi che negli anni passati. Ora abbiamo il meccanismo europeo di stabilità che ritengo debba gradualmente assurgere a Fondo monetario europeo ed essere saldamente ancorato alla nostra Unione. La Commissione presenterà proposte concrete su tale punto in dicembre.

Abbiamo bisogno di un ministro europeo dell’Economia e delle finanze: un ministro europeo che promuova e sostenga le riforme strutturali nei nostri Stati membri. Il ministro potrà basarsi sul lavoro che la Commissione porta avanti dal 2015 con il servizio di assistenza per le riforme strutturali. Il nuovo ministro dovrebbe coordinare tutti gli strumenti finanziari che l’Unione europea può attivare quando uno Stato membro è in recessione o è colpito da una grave crisi.

Non sto chiedendo questa nuova funzione tanto per parlare. Sto chiedendo efficienza. Le funzioni di ministro dell’Economia e delle finanze dovrebbero spettare al Commissario per gli affari economici e finanziari, idealmente anche vicepresidente, che dovrebbe anche presiedere l’Eurogruppo.

Il ministro dell’Economia e delle finanze dovrà rispondere del suo operato al Parlamento europeo.

Non abbiamo bisogno di strutture parallele. Né abbiamo bisogno di un bilancio per la zona euro; quel che serve è una forte linea di bilancio nel bilancio dell’Unione europea.

Non sono nemmeno favorevole all’idea di un parlamento separato per la zona euro.

Il parlamento della zona euro è il Parlamento europeo.

L’Unione europea deve essere più forte anche nella lotta contro il terrorismo. Negli ultimi tre anni abbiamo compiuto veri progressi, ma non abbiamo ancora gli strumenti per agire rapidamente in caso di minacce terroristiche transfrontaliere.

Per questi motivi chiedo un’unità di intelligence europea che faccia in modo che i dati relativi al terrorismo e ai combattenti stranieri siano automaticamente condivisi tra i servizi di intelligence e con la polizia.

Ritengo quanto mai opportuno incaricare la nuova Procura europea di perseguire i reati di terrorismo transfrontaliero.

Voglio che la nostra Unione diventi un attore globale più forte. Per aver maggior peso nel mondo, dobbiamo riuscire a prendere decisioni di politica estera più rapide. Perciò voglio che gli Stati membri esaminino quali decisioni di politica estera possono passare dal voto all’unanimità a quello a maggioranza qualificata. Il trattato già lo prevede, a condizione che tutti gli Stati membri siano d’accordo.

E voglio anche che dedichiamo più impegno alle questioni della difesa. È in vista un nuovo Fondo europeo per la difesa, così come una cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa. Ci occorre una vera e propria Unione europea della difesa entro il 2017. Ne abbiamo bisogno. E anche la NATO lo vuole.

Un’ultima cosa non meno importante: voglio che la nostra Unione si concentri di più sulle cose che contano, sulla base del lavoro già svolto dalla Commissione. Non dobbiamo intrometterci nella vita dei cittadini europei regolandone ogni aspetto. Dobbiamo essere grandi sulle grandi questioni. Non dobbiamo irrompere con un fiume di nuove iniziative né cercare di appropriarci di altre competenze. Dobbiamo anzi restituire competenze agli Stati membri quando ha senso farlo.

Per questo motivo questa Commissione è stata grande sulle grandi questioni e piccola sulle piccole, portando avanti meno di 25 nuove iniziative ogni anno, contro le oltre 100 proposte delle altre Commissioni. Abbiamo restituito competenze quando era più logico che fossero i governi nazionali a intervenire. Grazie al buon lavoro svolto dal Commissario Vestager, abbiamo delegato il 90% delle decisioni in materia di aiuti di Stato a livello regionale o locale.

Per portare a termine il lavoro iniziato intendo istituire, a partire da questo mese, una task force per la sussidiarietà e la proporzionalità che esamini in maniera molto critica tutti gli ambiti d’intervento, in modo da agire solo quando l’UE apporta un valore aggiunto. Il Primo vicepresidente Frans Timmermans, che ha una comprovata esperienza in materia di “legiferare meglio”, presiederà questa task force. La “Task force Timmermans”, di cui faranno parte deputati di questo Parlamento e dei parlamenti nazionali, dovrà riferire sul suo operato entro un anno.

UN’UNIONE PIU’ DEMOCRATICA

Onorevoli deputati, Onorevole Presidente,

la nostra Unione deve fare un balzo democratico in avanti.

Vorrei che i partiti politici europei iniziassero la campagna per le prossime elezioni molto prima che in passato. Troppo spesso le elezioni europee non sono state altro che la somma di campagne elettorali nazionali. La democrazia europea merita di più.

Oggi la Commissione propone nuove norme sul finanziamento dei partiti politici e delle fondazioni. Non dobbiamo riempire i forzieri degli estremisti antieuropei; dobbiamo dare ai partiti europei i mezzi per organizzarsi meglio.

Nutro una certa simpatia per l’idea delle liste transnazionali, ma so perfettamente che molti di voi non saranno d’accordo. Queste liste contribuirebbero a rendere le elezioni del Parlamento europeo più europee e più democratiche.

Credo anche che nei prossimi mesi dovremmo coinvolgere maggiormente i parlamenti nazionali e la società civile a livello nazionale, regionale e locale nei lavori sul futuro dell’Europa. Negli ultimi tre anni i membri della Commissione hanno visitato i parlamenti nazionali più di 650 volte e hanno preso parte al dibattito in più di 300 dialoghi interattivi con i cittadini in oltre 80 piccole e grandi città di 27 Stati membri. Ma possiamo fare ancora di più. Per questo motivo sostengo l’idea del Presidente Macron di organizzare nel 2018 convenzioni democratiche in tutta l’Europa.

Con l’intensificarsi del dibattito, nel 2018 dedicherò particolarmente attenzione all’Estonia, alla Lettonia, alla Lituania e alla Romania che l’anno prossimo festeggeranno il loro 100° anniversario. Per forgiare il futuro del nostro continente occorre capire bene e onorare la nostra storia comune. Questi quattro paesi ne sono parte. L’Europa non sarebbe completa senza di loro.

La necessità di rafforzare la democrazia ha implicazioni anche per la Commissione europea. Oggi trasmetto al Parlamento europeo un nuovo codice di condotta per i Commissari. Il nuovo codice chiarisce innanzitutto che i Commissari possono candidarsi alle elezioni del Parlamento europeo alle stesse condizioni di chiunque altro. Il nuovo codice rafforzerà naturalmente i requisiti di integrità per i Commissari, sia durante che dopo il loro mandato.

Se vogliamo rafforzare la democrazia europea non possiamo proprio invertire il progresso democratico avviato con la creazione dei candidati capolista: i cosiddetti “Spitzenkandidaten”.

Sono sicuro che un futuro presidente trarrà enorme vantaggio dall’esperienza unica di una campagna elettorale in tutti i territori del nostro splendido continente. Per capire la complessità delle sue funzioni e la diversità dei nostri Stati membri, dovrà andare incontro ai cittadini nel municipio di Helsinki così come nelle piazze di Atene. Per esperienza personale so che una campagna elettorale di questo genere rende più umili ma anche più forti durante il mandato. E permette di affrontare gli altri leader del Consiglio europeo con la consapevolezza di essere stati eletti, esattamente come loro. Tutto questo va a vantaggio dell’equilibrio della nostra Unione.

Più democrazia significa più efficienza. L’Europa funzionerebbe meglio se unissimo le cariche di Presidente della Commissione europea e di Presidente del Consiglio europeo.

Non ho niente contro il mio buon amico Donald, con cui ho lavorato bene negli ultimi tre anni. Non si tratta di qualcosa contro Donald o contro me.

L’Europa sarebbe più facile da capire se fosse uno solo il capitano della nave.

Un unico presidente rifletterebbe meglio la vera natura dell’Unione europea quale Unione di Stati e Unione di cittadini.

LA NOSTRA TABELLA DI MARCIA

Onorevoli deputati,

la visione di un’Europa più unita, più forte e più democratica che oggi sto delineando combina elementi di tutti gli scenari che ho presentato a marzo.

Ma il nostro futuro non può restare uno scenario, uno schizzo, un’idea tra le altre.

L’Unione di domani dobbiamo prepararla oggi.

Stamattina ho inviato al Presidente Tajani, al Presidente Tusk e ai titolari delle Presidenze di turno del Consiglio di qui al marzo 2019 una tabella di marcia che delinea le tappe del nostro percorso a partire da adesso.

Un elemento importante è costituito dai piani che la Commissione presenterà nel maggio 2018 per far sì che il futuro bilancio dell’UE sia all’altezza delle nostre ambizioni e ci garantisca di poter realizzare tutto quello che promettiamo.

Il 29 marzo 2019 il Regno Unito uscirà dall’Unione europea. Sarà un momento molto triste e drammatico, che rimpiangeremo sempre. Ma dobbiamo rispettare la volontà dei cittadini britannici.

Il 30 marzo 2019 saremo un’Unione a 27. Propongo di prepararci per bene a questo momento, tra i 27 Stati e all’interno delle istituzioni europee.

Le elezioni del Parlamento europeo seguiranno di solo poche settimane, nel maggio 2019. Gli europei hanno un appuntamento con la democrazia. Devono potersi recare alle urne con una visione chiara di come si svilupperà l’Unione europea nei prossimi anni.

Perciò chiedo al Presidente Tusk e alla Romania, il paese che assicurerà la Presidenza nel primo semestre del 2019, di organizzare un vertice speciale in Romania il 30 marzo 2019. Vorrei che avesse luogo nella meravigliosa città antica di Sibiu (o Hermannstadt per usare il nome che conosco). Dovrebbe essere il momento in cui ci riuniamo per prendere le decisioni necessarie per un’Europa più unita, più forte e più democratica.

È mia speranza che il 30 marzo 2019 gli europei si sveglino in un’Unione in cui noi tutti terremo fede ai nostri valori; in cui tutti gli Stati membri rispetteranno inflessibilmente lo Stato di diritto; in cui partecipare a pieno titolo alla zona euro, all’Unione bancaria e allo spazio Schengen sia la norma per tutti gli Stati membri dell’UE. Un’Unione in cui avremo gettato le fondamenta dell’Unione economica e monetaria così da poter difendere la nostra moneta unica nella buona come nella cattiva sorte, senza dover chiedere aiuto dall’esterno; in cui il nostro mercato unico sarà più equo per i lavoratori dell’est come dell’ovest; in cui saremo riusciti a concordare un forte pilastro di norme sociali; in cui i profitti saranno tassati sul luogo in cui vengono realizzati. Un’Unione in cui i terroristi non avranno scappatoie cui appigliarsi; in cui avremo concordato un’adeguata Unione europea della difesa; in cui un unico presidente guiderà l’operato della Commissione e del Consiglio europeo, perché sarà stato eletto sulla base di una campagna elettorale europea democratica.

Se il 30 marzo 2019 i nostri cittadini si sveglieranno in questa Unione, allora vorrà dire che potranno votare alle elezioni del Parlamento europeo qualche settimana dopo con la ferma convinzione che la nostra Unione sia un posto che loro si addice.

CONCLUSIONE

Onorevoli deputati,

l’Europa non è stata creata per restare ferma. Non deve stare ferma mai.

Helmut Kohl e Jacques Delors mi hanno insegnato che l’Europa va avanti soltanto quando è ardita. Il mercato unico, Schengen e la moneta unica erano tutti sogni irrealizzabili prima di verificarsi. Eppure oggi questi tre ambiziosi progetti sono realtà.

Sento dire che non dobbiamo mandare tutto all’aria ora che le cose cominciano a migliorare.

Ma non è questo il tempo di procedere con cautela.

Abbiamo iniziato a riparare il tetto, adesso dobbiamo completare il lavoro finché splende il sole.

Perché quando appariranno all’orizzonte le prossime nuvole – e appariranno – sarà troppo tardi.

Allora leviamo l’ancora.

Abbandoniamo i porti sicuri.

E catturiamo il vento nelle nostre vele.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *